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mercoledì 27 febbraio 2013

domenica 24 febbraio 2013

JUNIORES NAZIONALE: L'ASTI SEGNA SU PALLA RESTITUITA, BUFERA A CHIERI

COMPORTAMENTO ANTISPORTIVO DELL'ASTI, LE SCUSE DEL PRESIDENTE SUL SITO UFFICIALE.
IL CHIERI CHIEDE L'ESONERO DI SERGIO GALEAZZI

JUNIORES NAZIONALE: L'ASTI SEGNA SU PALLA RESTITUITA, BUFERA A CHIERI

COMPORTAMENTO ANTISPORTIVO DELL'ASTI, LE SCUSE DEL PRESIDENTE SUL SITO UFFICIALE.
IL CHIERI CHIEDE L'ESONERO DI SERGIO GALEAZZI

LA CORREZIONE DEGLI ERRORI


La correzione riguarda lo scostamento tra  il gesto eseguito dal giocatore ed il modello tecnico fornito.

La correzione tecnica deve essere fornita subito dopo l’esecuzione del gesto: in caso di errore è meglio far ripetere subito il gesto. Si è stimato che dopo circa 20 secondi il giocatore dimentica le sensazioni provate durante l’esecuzione del gesto, quindi la nostra correzione non ha più senso.

LA CORREZIONE DEGLI ERRORI


La correzione riguarda lo scostamento tra  il gesto eseguito dal giocatore ed il modello tecnico fornito.

La correzione tecnica deve essere fornita subito dopo l’esecuzione del gesto: in caso di errore è meglio far ripetere subito il gesto. Si è stimato che dopo circa 20 secondi il giocatore dimentica le sensazioni provate durante l’esecuzione del gesto, quindi la nostra correzione non ha più senso.

Non bisogna correggere i giocatori mentre stanno eseguendo un gesto tecnico, perché questa è una fonte di distrazione e, comunque, il consiglio non viene percepito (se il giocatore pensa al gesto, non può pensare alle nostre parole).
La correzione deve riguardare un solo errore per volta: se ci sono molti errori nel gesto tecnico, si individua il più grave o il più facile da correggere e si sistema quello, poi si passerà alle altre fasi.
La correzione deve essere precisa e concisa: simuliamo un time – out, quando in 30 secondi dobbiamo riorganizzare il gioco di tutta la nostra squadra.

E’ chiaro che la correzione deve essere data, ma bisogna stare attenti a non spezzare troppo o troppo frequentemente il ritmo del nostro esercizio, se questo è un parametro critico della fase allenante.
L’allenatore deve imparare a correggere i propri giocatori, ma deve anche insegnare ai giocatori ad auto – correggersi: soprattutto per gli esercizi analitici a gruppi, è importante che i giocatori imparino a correggersi o, quanto meno, a fornirsi un feedback.
La correzione non deve essere urlata con ira, altrimenti si rischia il blocco psicologico del giocatore.

L’approccio deve essere positivo, non bisogna colpevolizzare il giocatore che ha commesso un errore, ma fargli capire perché ha sbagliato e motivarlo.
Le punizioni non devono essere inflitte per errori tecnici (solo per disattenzione), visto che l’errore è parte del processo di apprendimento.
Il livello della correzione dipende dal livello della squadra.
L’errore da correggere è quello fisso, che si ripete: se c’è un errore occasionale si evidenzia facendo rifare il gesto e verificando che l’errore occasionale va via, quello fisso rimane.
Non bisogna perdere troppo tempo a correggere gesti tecnici che si ritengono complementari per l’esercizio (es. nell’esercizio per la ricezione non correggiamo la tecnica trasmissione).
E’ buona norma verificare che i giocatori si stiano rendendo conto di ciò che stanno facendo ponendo loro delle domande, come “Perché hai sbagliato?”

Rilevazione e valutazione del tipo di errore
L'allenatore esegue un confronto tra il modello di riferimento ed il modello eseguito dall'allievo alla ricerca di eventuali errori di esecuzione. Nel caso in cui venga evidenziato un errore occorre valutare i seguenti fattori per stabilire se sia conveniente o meno attuare l'approccio correttivo:
-rapporto tra l'entità dell'errore e l'efficacia del gesto tecnico: a volte non conviene modificare un piccolo  dettaglio se si rischia di inficiare l'efficacia dell'intero gesto tecnico;
-Età del soggetto: più è adulto e tanto maggiore sarà la difficoltà di modificare gesti tecnici ormai
 consolidati;
-Carico di lavoro: la soluzione ad alcuni problemi richiede un rilevante numero di ore di lavoro;
-Stimolo e feedback del soggetto: l'allievo, essendo esso stesso l'oggetto del lavoro di correzione, deve manifestare interesse e predisposizione al lavoro ripetitivo, in termini di attenzione, disponibilità e capacità di apprendimento.

Metodologia di correzione
Valutati i fattori precedenti, inizia la fase di correzione, anch'essa scomponibile in alcuni step.
Scomposizione: i singoli contributi della catena cinetica del gesto tecnico vengono separati e descritti all'allievo, evidenziandone la corretta cronologia e l'aspetto che non funziona. L'errore va evidenziato chiaramente e va presentato parallelamente al modello corretto. Gli strumenti utilizzati possono essere:
-descrizione verbale;
-esecuzione corretta di un compagno o dell'allenatore;
-visione di un filmato;
-percezione del movimento (ripetizione lenta di un gesto ad occhi chiusi)



Esecuzione scomposta: l'atleta prova a ripetere il gesto motorio in esame alla ricerca della correttezza. E' fondamentale che l'allenatore applichi i seguenti criteri:
-alto numero di ripetizioni estremamente controllate;
-drastica diminuzione del numero di variabili alle quali sottoporre l'atleta;
-basso numero di priorità da sottoporre all'atleta;
-controllo del feedback dell'atleta;
-intervento immediato in caso di ripetizione errata.

Ricombinazione:
Una volta che l'atleta ha manifestato sicurezza nell'esecuzione scomposta, occorre aumentare,
procedendo secondo una progressione didattica, il numero di variabili in gioco ed il numero di priorità richieste all'atleta.
Quest'ultimo aspetto è cruciale in  quanto un'esecuzione scomposta corretta è condizione necessaria ma non sufficiente per la soluzione del problema tecnico. L'esecuzione completa necessita di un processo di automatizzazione che è frutto di un alto numero di ripetizioni e di una progressione didattica, in grado di introdurre gradualmente le variabili in gioco.

Indicazioni sulla ricerca dell’errore:
Il gesto tecnico errato, da cosa è causato?
La causa dell’errore va sempre ricercata in ciò “che viene prima” e vi invitiamo a porre l’attenzione sulla seguente sequenza, che deriva dall’osservazione di alcuni casi reali:
Nella correzione degli errori in qualità di allenatori non ci possiamo limitare a suggerire ai giocatori: “Hai calciato con il corpo all'indietro”, “Devi allenarti meglio”, o, addirittura “Devi fissare gli occhi sulla palla ”. Questi suggerimenti servono ben poco, poichè lo stesso giocatore si accorge da solo quando compie correttamente un gesto tecnico e, con maggiore facilità, quando compie una esecuzione in modo errato. Il nocciolo della questione è riuscire a cogliere con esattezza i motivi degli errori in termini di tecnica e questo non è una cosa facile nè tantomeno immediata. Dovremo guardare attentamente il giocatore mentre esegue i fondamentali e valutare le sue abilità tecniche indagando a ritroso nelle fasi percettive ed anticipatorie principali.

Momenti basilari nell’insegnamento della tecnica
Si dovrebbe riflettere sul fatto che a qualsiasi età è possibile migliorare il livello tecnico. L’unico requisito richiesto è l’entusiasmo da parte dei giocatori e la proposizione di allenamenti che investano tutta la motricità dei gesti tecnici da parte degli allenatori. Evidentemente gli allenatori devono prima aver capito quali sono le senso-percezioni “carenti” dei giocatori e, mediante gli esercizi, devono fare comprendere agli stessi dove e come indirizzare la propria attenzione.
Al contrario se le proposte di allenamento si fermano alla sola ripetizione acritica dei gesti, avremo ben pochi miglioramenti dai nostri giocatori. La didattica deve andare a ritroso: partire dagli effetti, ovvero dai momenti finali, per giungere alle cause, cioè ai momenti precedenti in ordine di sequenza.
Il giocatore non compie un errore perchè non conosce la tecnica corretta, ma perchè è carente nell’uso di determinate qualità senso-percettive che stanno alla base della tecnica stessa.

Nella correzione degli errori è indispensabile un intervento mirato da parte dell’insegnante il quale deve innanzi tutto avere ben chiaro:
- l’obiettivo e il criterio di successo delle esercitazioni, che devono sempre contenere difficoltà superabili per proporre apprendimenti;
- se una certa azione si debba considerare errore, oppure no, per il livello di gioco che ci si è prefissi o per il campionato che giochiamo
- che non sono gli esercizi proposti ad essere "allenanti" ma le risposte "positive" degli allievi (sono le esercitazioni in cui l’allievo raggiunge l’obiettivo che creano gli apprendimenti e se in un esercizio commette più del 10-15% di errori è meglio passare ad un livello inferiore di difficoltà o riproporre lo stesso esercizio in condizioni facilitate).

Dobbiamo inoltre tenere conto delle seguenti considerazioni: pur controllando costantemente l’esecuzione delle esercitazioni, è meglio non rimbeccare l’allievo ad ogni tocco di palla ma, dopo essersi resi conto se ha capito ed interiorizzato il corretto modello esecutivo, lasciarlo provare in modo che possa, piano piano, crearsi la corretta percezione cinestesica del gesto, magari proponendogli esercizi in condizioni facilitate.
Far controllare e correggere da un compagno è un potente strumento di apprendimento e correzione proprio per chi controlla, perché deve continuamente effettuare un confronto tra modello teorico ed esecuzione.

Generalmente gli errori che si commettono nelle esercitazioni o nelle gare possono dipendere da:
- problemi percettivi: funzionalità del sistema ottico
- errori nell’elaborazione delle risposte sia come scelta su dove indirizzare la palla (l’insegnante prima di correggere deve "chiedere" per capire le motivazioni dell’allievo), sia come scelta della tecnica più appropriata (l’insegnante deve chiedersi se l’allievo conosce e ha sufficientemente automatizzato in condizioni di variabilità un determinato gesto: l’allievo non può inventare ma solo trarre conoscenze dal suo bagaglio motorio per risolvere un problema di gioco);
-  l’insegnante deve controllare se le varie tecniche sono ben padroneggiate e se sono supportate da un adeguato livello delle capacità motorie

Un movimento o un'azione diventa abitudine quando questa viene eseguita per almeno una ventina di sessioni di allenamento.

Età in cui il lavoro di correzione è più facile che abbia successo.
La correzione degli errori propriamente detta si ha nella prima fase (apprendimento 7-13 anni) ma anche nella fase di consolidamento (14 -16) è bene attingere ad essa soprattutto quando si cominciano a delineare abitudini motorie non corrette (non possiamo certo in questa fase parlare di automatismi errati).

Come si deve lavorare:
1) Avere un modello tecnico di riferimento (giocatore che esegue particolarmente bene quel fondamentale)
2) Osservazione: diagnosi dell’errore; valutarne le cause; errore primario ed errori secondari; a volte noi allenatori ci “abituiamo”a vedere gli stessi errori e finiamo per”accontentarci”o peggio ancora a “giustificarli”.. Il confronto con i colleghi puo’ essere utile a evitare cio’.
3) Una volta determinato l’errore, ripercorrere con esercizi propriocettivi e in analitico la fase motoria “incriminata” facendo prendere coscienza l’atleta dell’errore di esecuzione.
4) Il lavoro in analitico deve essere portato avanti in parallelo con lo sviluppo della capacita’ motoria specifica legata a quell’errore.  

Prerogative della correzione del gesto tecnico
La correzione del gesto tecnico deve avere essenziali e irrinunciabili requisiti; l’assenza di tali requisiti (anche di uno soltanto) ne limita di molto l’efficacia, per cui è importante che le condizioni sotto riportate siano parte integrante del lavoro stesso.

- L’errore tecnico non deve essere solo rimarcato a voce dall’allenatore; se l’azione del correggere si ferma a ciò, serve solo ad abbassare il livello di autostima dell’atleta, ottenendo così l’effetto contrario; è importante invece fare eseguire il gesto corretto in allenamento, incoraggiando e dando rinforzi positivi quando si notano progressi.
- Correggere un errore per volta; l’atleta deve potersi concentrare su un unico aspetto del gesto tecnico; a volte noi allenatori abbiamo “fretta” e facciamo fare 2 o 3 cose insieme o in rapida successione senza tener conto dei tempi adeguati di apprendimento.
- Il lavoro analitico di correzione è da fare un po’ tutti i giorni (concetto della medicina) e deve fare parte della programmazione dell’allenamento giovanile.
- Non è detto che gli esercizi correttivi adatti per alcuni atleti vadano bene anche per altri; il concetto è: “dare la medicina giusta al paziente giusto”; è bene quindi, nella fase della correzione, proporre esercitazioni analitiche quasi individualizzate o per piccoli gruppi; da tenere presente che questa fase deve essere seguita molto attentamente dall’allenatore, quasi in modo “ maniacale”…
- Motivazione: è indispensabile la consapevolezza dell’errore e che il desiderio di migliorare sia reale: se appena giro la testa fà il contrario è fatica sprecata; deve essere il “suo” problema, il suo “chiodo fisso”: se non è così meglio dedicare attenzione a ragazzi maggiormente motivati.
- Motivazione: abituare i ragazzi ad essere esigenti con se stessi (essere allenatori di se stessi); questo porta in breve tempo a sensibili miglioramenti..
Abituarli a non accettare mai l’errore e soprattutto a giustificarlo!!!

L’ALLENATORE DI SETTORE GIOVANILE



Oltre a dover essere un profondo conoscitore della materia calcistica, deve avere anche l’atteggiamento mentale giusto per tentare di ottenere il massimo dai propri calciatori.
Per questo osserverà con scrupolo ed intelligenza i seguenti principi di gestione:
Consapevolezza:
per il giovane calciatore è utile sapere e serve per migliorarsi quando facciamo una cosa (esercizio, situazione) spiegare sempre perché, i fini e le modalità.
Partecipazione attiva:
interessare il giocatore all'allenamento; la motivazione e la chiave dell'apprendimento
l'allenatore deve agire sulla base del consenso del gruppo.

L’ALLENATORE DI SETTORE GIOVANILE



Oltre a dover essere un profondo conoscitore della materia calcistica, deve avere anche l’atteggiamento mentale giusto per tentare di ottenere il massimo dai propri calciatori.
Per questo osserverà con scrupolo ed intelligenza i seguenti principi di gestione:
Consapevolezza:
per il giovane calciatore è utile sapere e serve per migliorarsi quando facciamo una cosa (esercizio, situazione) spiegare sempre perché, i fini e le modalità.
Partecipazione attiva:
interessare il giocatore all'allenamento; la motivazione e la chiave dell'apprendimento
l'allenatore deve agire sulla base del consenso del gruppo.


Metodicità: (principio)
bisogna avere un metodo per lavorare (breve, medio, lungo termine)  il lavoro sfrutta quello precedente ed è base per quello di dopo; procurarsi un diario per presenze, assenze, motivi, ed esercitazioni. Il diario serve per progredire (dialogo con se stessi)
Varietà e molteplicità:
avere svariati esercizi per la stessa finalità aumenta il bagaglio del calciatore ed evita la saturazione che ripetendo le stesse cose l'allenamento diventa passivo e non attivo perchè il giocatore sa cosa l'aspetta e diminuisce l'attenzione.
Principio della semplicità e chiarezza:
l'allenatore deve usare un linguaggio comprensibile e diretto.
Considerato che la massima attenzione del gruppo dura solo pochi minuti e poi tende a  decrescere  usare la regola delle 3 "C"  ovvero:CHIARO-COMPLETO-CONCISO.

Principio dell'evidenza:
il mezzo più chiaro è l'imitazione,  bisogna far vedere il gesto tecnico,
fare vedere è sempre meglio che solo parlare.
Principio dell'adattamento:
conoscere la capacità e la reazione dei calciatori, qualsiasi proposta di esercitazione tecnica, tattica, di personalità deve tener conto delle capacità e delle condizioni del momento dei calciatori.

Fattori pertinenti all’apprendimento motorio e alla prestazione:
- CHI;
- DOVE;
- CHE COSA;
- COME

Apprendimento motorio e prestazione
Il soggetto che è destinatario dell’azione didattica (CHI?)
Il contesto nel quale deve essere eseguito il movimento (DOVE?)
Il compito da apprendere da parte del soggetto (CHE COSA?)
Le strategie di insegnamento attuate dal docente (COME?)


LA PROGRAMMAZIONE DEL LAVORO
Può essere definita come una serie di operazioni fondamentali che vengono eseguite per individuare le varie fasi di un’azione didattica che sia verificabile, migliorabile, perché collaudata sulla base di un progetto realizzato, ma non riproducibile poiché i soggetti dell’insegnamento, quindi gli atleti, le condizioni e  l’allenatore stesso, sono sempre differenti e variabili.

SI COMPONE DELLE SEGUENTI FASI:

• analisi della situazione iniziale;
• definizione degli obiettivi;
• scelta delle strategie per raggiungerli;
• realizzazione – contenuti;
• valutazione con finalità di controllo.

IL CLIMA EDUCATIVO: comunicazione, interazione, empatia,

•             Incoraggiare ad essere attivi;
•             Favorire la natura personale dell’apprendimento;
•             Ammettere l’idea che essere differenti è cosa accettabile;
•             Riconoscere e tollerare l’errore;
•             Incoraggiare la fiducia in sé;
•             Dare la sicurezza di essere rispettati ed accettati;
•             Facilitare la scoperta e l’elaborazione individuale;
•             Porre l’accento sull’autovalutazione.


L’INSEGNAMENTO DELLA TECNICA
La formazione della tecnica individuale passa attraverso le seguenti fasi:
– educazione delle capacità di base;
– strutturazione delle abilità;
–  sviluppo e perfezionamento dell'esecuzione   tecnica;
– consolidamento della tecnica.
All’interno di ogni fase devono essere previsti dei momenti in cui si apprendono e perfezionano le abilità previste sempre in collegamento con la situazione di gioco che deve corrispondere al livello di capacità degli allievi.
• Ogni singola abilità deve essere considerata come la somma di singole microfasi di uguale importanza.
• All’interno di ogni movimento occorre definire delle gerarchie delle fasi che lo compongono allo scopo di permettere la definizione di una corretta sequenza didattica.
• Nei giochi sportivi occorre ricordare che l’attività proposta deve quasi sempre contenere dei problemi da risolvere.
• Al progredire delle abilità individuali le informazioni vanno differenziate ed arricchite nei dettagli.

ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ PRATICHE FINALIZZATE ALL’APPRENDIMENTO
• numero elevato di ripetizioni;
• variabilità delle proposte;
• strategie d’intervento tipo problem-solving;
• la pratica variata  è molto vantaggiosa negli obiettivi a lunga scadenza.
Variare le condizioni è indispensabile per le discipline open in cui il gesto tecnico richiede continui aggiustamenti a situazioni mutevoli.

VARIABILITÀ DELLA PROPOSTA
•             Distanza
•             Velocità
•             Parabola
•             Traiettoria
•             Presenza avversario
•             Numero avversari
•             Spazio d’azione
•             Dimensioni della palla
•             Peso della palla
•             Fate funzionare la fantasia

L’INSEGNAMENTO DELLA TATTICA
La capacità di giocare sottintende, oltre alla padronanza delle tecniche specifiche, una serie di capacità che devono essere sviluppate allo scopo di permettere al giocatore di risolvere le varie situazioni di gioco.

QUESTE CAPACITÀ POSSONO ESSERE COSÌ SINTETIZZATE:
• conoscere, orientarsi e operare nel campo di gioco;
• saper difendere – saper marcare;
• saper attaccare – saper smarcarsi;
• essere disponibile a collaborare con i compagni;
• saper cooperare con i compagni;
• saper aiutare i compagni;
• saper comunicare con i compagni

PROGRESSIONE DIDATTICA
•             Dal conosciuto all’ignoto;
•             Dal facile al difficile;
•             Dal semplice al complesso;
•             Dalla situazione al gioco

L'ALPIGNANO IN MASCHERA VA ALL'ATALANTA

BATTUTA LA JUVENTUS AI CALCI DI RIGORE



L'ALPIGNANO IN MASCHERA VA ALL'ATALANTA

BATTUTA LA JUVENTUS AI CALCI DI RIGORE



PARTITA A TEMA CHE HA COME OBIETTIVO LA RICERCA DELLA PROFONDITA'

SPAZIO DIVISO IN 3 PARTI, NELLA ZONA CENTRALE SI EFFETTUA UN 4 CONTRO 4, DOPO 3 PASSAGGI CONSECUTIVI SI PUO' SERVIRE L'ATTACCANTE CHE CERCA DI SMARCARSI NELLA SUA ZONA DI COMPETENZA DOVE E' MARCATO DA UN DIFENSORE.

VARIANTE, CHI PASSA LA PALLA ALL'ATTACCANTE ENTRA NELLA ZONA ESTERNA ED EFFETTUA UN 2 CONTRO 1.

PARTITA A TEMA CHE HA COME OBIETTIVO LA RICERCA DELLA PROFONDITA'

SPAZIO DIVISO IN 3 PARTI, NELLA ZONA CENTRALE SI EFFETTUA UN 4 CONTRO 4, DOPO 3 PASSAGGI CONSECUTIVI SI PUO' SERVIRE L'ATTACCANTE CHE CERCA DI SMARCARSI NELLA SUA ZONA DI COMPETENZA DOVE E' MARCATO DA UN DIFENSORE.

VARIANTE, CHI PASSA LA PALLA ALL'ATTACCANTE ENTRA NELLA ZONA ESTERNA ED EFFETTUA UN 2 CONTRO 1.

giovedì 21 febbraio 2013

CATENACCIO? PERCHE' NO

Immagine creata dal sottoscritto dopo la sconfitta dell'Italia contro la
Spagna
nella finale dell'europeo 2012

La vittoria del Milan di ieri sera contro sua mastà il Barcellona ha risvegliato le menti di moli tifosi del diavolo che ricordano con molta nostalgia il grande Milan di Nereo Rocco. Una vittoria che vale una stagione, non tanto sotto l'aspetto qualificazione, tanto per un valore simbolico, etico e tradizionale.
Una vittoria che esprime e racchiude in soli 90 minuti la storia del nostro calcio, un calcio che cura in modo particolare la fase difensiva dove noi italiani risultiamo essere maestri.

CATENACCIO? PERCHE' NO

Immagine creata dal sottoscritto dopo la sconfitta dell'Italia contro la
Spagna
nella finale dell'europeo 2012

La vittoria del Milan di ieri sera contro sua mastà il Barcellona ha risvegliato le menti di moli tifosi del diavolo che ricordano con molta nostalgia il grande Milan di Nereo Rocco. Una vittoria che vale una stagione, non tanto sotto l'aspetto qualificazione, tanto per un valore simbolico, etico e tradizionale.
Una vittoria che esprime e racchiude in soli 90 minuti la storia del nostro calcio, un calcio che cura in modo particolare la fase difensiva dove noi italiani risultiamo essere maestri.
La parola Catenaccio nasce negli anni 30 in Svizzera, Nereo Rocco fu tra i primi ad applicare il catenaccio in Italia, fin dal 1946-47, sua prima stagione come tecnico della Triestina. Il modulo di Rocco, cui talora ci si riferisce come il "vero" catenaccio, prevedeva comunemente una formazione del tipo 1-3-3-3 con un atteggiamento rigidamente difensivo. Alcune variazioni sul tema prevedevano schemi come l'1-4-4-1 e 1-4-3-2. Valendosi di questo schema Rocco riuscì addirittura a portare la squadra giuliana ad un sorprendente secondo posto finale nel campionato 1947-48, ripetendosi dieci anni dopo col Padova, giunto terzo nella stagione 1957-58. Una volta passato sulla panchina del Milan, riuscì a vincere nel decennio dei sessanta due titoli italiani, due Coppe dei Campioni, una Coppa intercontinentale ed una Coppa delle Coppe.
Un altro famoso interprete del catenaccio fu l’allenatore argentino dell'Inter Helenio Herrera che, sempre negli anni sessanta, vinse tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Il modulo di Herrera prevedeva lo schieramento di quattro difensori cui erano assegnati compiti di stretta marcatura sull'uomo con un libero alle loro spalle. Davanti al pacchetto arretrato si posizionava un regista capace di lunghi e precisi passaggi per superare il centrocampo avversario e servire i centrocampisti avanzati e le punte.
In Italia in questi anni si è cercato di imitare le culture calcistiche degli altri paesi, il modello spagnolo ad esempio è il più studiato, non a caso l'Italia di Prandelli ha cercato di improntare una fase di costruzione di gioco importata dall'estero che prevede una manovra proiettata all'attacco.
A volte però attaccare e costruire non è sinonimo di vittoria, anzi, al contrario, i grandi trionfi e i più grandi successi delle nostre squadre di club e della nazionale provengono proprio dalla meticolosa e rigida fase difensiva dove noi italiani risultiamo essere i number one.
Ieri sera il Milan è riuscito nell'impresa di battere la squadra più forte al mondo nella maniera più banale possibile, chiudere tutti gli spazi di gioco dei blaugrana grazie ad una disponibilità totale di tutta la squadra. Difendersi in 11 non è semplice sopratutto a livello mentale, si sa che un attaccante non è predisposto al sacrificio, ed è in questo aspetto che Allegri ha fatto la differenza, riuscendo ad inculcare ai propri giocatori la mentalità ideale per giocare alla pari contro Messi e company.
Sono consapevole che la partita di ritorno sarà molto diversa, il Barcellona è capace di tutto e non mi stupirei se riuscisse a ribaltare il risultato. Di una cosa sono certo, nel gioco del calcio niente è superato, ben vengano i catenacci, le barricate o i bunker, non è questo aspetto che conta, è l'efficacia l'aspetto dominante di ogni cosa, e se il risultato è positivo non ho altro da aggiungere.

giovedì 14 febbraio 2013

UNO DI NOI, PANTANI UNO DI NOI


14 FEBBRAIO 2013 - Nove anni fa, in un silenzio assordante di una camera di albergo, moriva Marco Pantani. Se n'è andato in punta di piedi, non amava essere sotto i riflettori, amava stare da solo, magari in vetta ad una montagna, sempre davanti, sempre sui pedali. Sembrava volasse su quei tornanti che l'hanno reso così famoso. Quando si alzava dalla sella e gettava via la bandana una valanga di emozioni inondavano i cuori delle migliaia di tifosi del ragazzo di Cesenatico. Era il segnale giusto, Marco superava gli avversari come se nei piedi non avesse dei pedali, ma dei motori di grossa cilindrata.
Nessuno riusciva a fermalo, o meglio, qualcuno c'è riuscito, ma con le maniere forti, mi riferisco all'ingiustizia sportiva.

UNO DI NOI, PANTANI UNO DI NOI


14 FEBBRAIO 2013 - Nove anni fa, in un silenzio assordante di una camera di albergo, moriva Marco Pantani. Se n'è andato in punta di piedi, non amava essere sotto i riflettori, amava stare da solo, magari in vetta ad una montagna, sempre davanti, sempre sui pedali. Sembrava volasse su quei tornanti che l'hanno reso così famoso. Quando si alzava dalla sella e gettava via la bandana una valanga di emozioni inondavano i cuori delle migliaia di tifosi del ragazzo di Cesenatico. Era il segnale giusto, Marco superava gli avversari come se nei piedi non avesse dei pedali, ma dei motori di grossa cilindrata.
Nessuno riusciva a fermalo, o meglio, qualcuno c'è riuscito, ma con le maniere forti, mi riferisco all'ingiustizia sportiva.

In un ciclismo dove nessuno pedalava senza l'aiuto di qualcosa, Pantani ha pagato per tutti, l'hanno voluto fare fuori, tradire, maltrattare come il peggiore dei criminali.
Pantani è stato indotto al suicidio, almeno questo è il mio pensiero, non me ne vogliano i moralisti, ma Pantani non era più sporco di altri, semmai dava fastidio perchè era il migliore, il numero 1, e chi ferma i numero 1 di solito esalta la propria visibilità, mi riferisco ai medici dell'Uci, che quella mattina del 6 giugno del '99 entrarono nella camera di Marco per effettuare dei controlli. Complotto? Chissà, di sicuro è stato un attentato al ciclismo.

Marco Pantani aveva 34 anni quando il destino ha deciso di portarlo via, Cesenatico ha ricordato Marco, morto esattamente nove anni fa in una stanza di un residence di Rimini. Decine di tifosi provenienti da varie province italiane hanno reso omaggio al 'pirata'. Si sono ritrovati principalmente allo Spazio Pantani, il museo multimediale dedicato al campione e ricavato dal Comune di Cesenatico negli ex magazzini della stazione ferroviaria.

Davanti campeggiava uno striscione con la scritta ''finche' sorgera' il sole noi saremo con te''.

mercoledì 13 febbraio 2013

RICERCA DI AMPIEZZA E PROFONDITA' IN 2 ESERCIZI

Partite a tema con sponde, esercizio 1 si può fare gol solo dopo aver trasmesso la palla alle 2 sponde.

RICERCA DI AMPIEZZA E PROFONDITA' IN 2 ESERCIZI

Partite a tema con sponde, esercizio 1 si può fare gol solo dopo aver trasmesso la palla alle 2 sponde.


 Esercizio 2, si può far gol dopo il passaggio della sponda collocata dietro la linea di fondo campo.


FILTRANTE APPOGGIATO